La natura era per i miei cari e per la gente di questa terra il libro, dove apprendevano e fondavano la propria fede; il cielo era quasi un segno visibile del contatto con la divinità ed ad esso di solito guardavano come primo segno di religione e come primo atto liturgico.
L'intera vita era scandita sotto i segni della religione: la campana della chiesa segnava per loro le ore della giornata; il ritmo delle stagioni, l'inizio e la fine dei lavori in campagna; i momenti di gioia, come il natale, la pasqua, la SS Messa, le processioni e il vespro; di lutto.
Una continua vita di lavoro, sacrificio, dolore, gioia, di preghiera, con un notevole spirito di sacrificio, di rinuncia e di rassegnazione.
La luce della fede illuminava tutti i momenti della vita di questa gente: il momento del lavoro, della gioia, della sofferenza e la si esprimeva di continuo nello stesso linguaggio di ogni giorno.
Il popolo lucano, a causa anche della particolare configurazione del suo territorio, ha vissuto per lunghi secoli in condizioni di isolamento ed a contatto con una natura molte volte ingenerosa.
Ma accanto e distinti dai segni magici c'erano segni di autentica pietà e soprattutto un sentimento profondo di amore verso Dio, che comprendeva tutto il senso dell'umano: contemplazione e azione, ragione, senso e volontà.
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