La
riflessione del post precedente (Religiosità popolare a Venosa e in Basilicata) ci ha introdotto al tema della religiosità
popolare, un tema comune nella letteratura teologica e sociologica
dei nostri giorni.
Ma
che significato assume l'espressione "religiosità popolare"?
Non
è facile trovare tra i testi che si interessano a questo argomento
un'accezione comune su "religiosità popolare", sia perché
questo come tema specifico è d'interesse piuttosto recente nella
trattazione degli studiosi, sia perché, comprendendo la religiosità
popolare, una realtà alquanto complessa, sfugge ad una definizione
comune.
Non
pochi per una definizione di tale religiosità partono dall'analisi
dell'aggettivo popolare.
Molti
studiosi distinguono tre possibili significati dell'aggettivo
"popolare" applicato alla religione.
A
causa di una certa ambiguità assunta sulla stampa dal termine
popolare in questo significato, difficilmente si parla di religiosità
popolare con detta connotazione.
2
- Per il secondo, "popolare" è sinonimo di tradizionale o
di folcloristico.
3
- Per il terzo, il termine può indicare la caratteristica dell'uomo
medio, dell'uomo comune, di chi non ha ricevuto una formazione
speciale né esercitata responsabilità particolari.
Per
altri studiosi ancora "popolo" o "popolare"
distinguono quanto non è ufficiale o istituzionale.
L'aggettivo
"comune" indica aspetti e caratteristiche e comportamenti
comuni a tutti; ad esempio, una usanza comune a tutti, come quella di
battezzare i neonati, è "popolare", è di tutti o "dei
più" e non solamente di pochi.
Altre
volte l'espressione può presentare una diversa accentuazione.
"Popolo" e "popolare" caratterizzano alcuni
settori, quelli "popolari" come se si volesse dichiarare
che questa realtà "popolo" si concretizza, se non
esclusivamente almeno preferenzialmente, in tali settori.
L'interesse
antropologico vede nel "popolare" ciò che ha radici
profonde negli usi e costumi di una comunità, ciò che è nato e si
conserva proprio perché aderente a fattori genuinamente umani legati
a precisi fattori ambientali.
Il
"popolare" fa riferimento a tradizioni consolidate di tutta
una storia passata, la quale viene ripresa nel presente in sintonia
con l'anima, con i modi di sentire di un gruppo solidale di persone.
In
tale senso la religiosità popolare verrebbe a riconnettersi con
un'origine propria che è precedente appunto a tutte le religioni
storiche istituzionalizzate, verrebbe a mettersi in rapporto con un
“primum” religioso immemorabile e antipredicativo.
La
religiosità popolare, riferendosi ad una realtà alquanto complessa,
sfugge ad una caratterizzazione di tipo generico, però presenta
qualche linea generale, che è possibile scorgere nella diversità
delle sue componenti.
Prevale
in essa un aspetto devozionale, rispondente propriamente ai bisogni
psicologici sociali e culturali di ogni religione.
Difatti
ogni religione mette l'accento su quanto si riceve da Dio che
risponde ai bisogni della contingenza umana: bisogno di protezione,
di favori e di grazie, bisogno di sperimentare la prossimità di
questa protezione in riti, simboli, devozioni particolari.
Di
qui la sua complessità, i suoi paradossi, la sua tendenza a
sopravvalutare le “credenze religiose", la sua resistenza al
cambiamento.
Contiene
un profondo senso di Dio e della sua provvidenza, fino a giungere ad
un certo fatalismo.
Dio
viene incontrato soprattutto nel culto, nei riti e nelle cose sacre,
di qui la considerazione che si dà delle benedizioni, delle
immagini, dei luoghi, delle candele, dell'acqua benedetta e di altri
simboli.
La
morte conserva un profondo significato religioso; esiste un vero e
serio culto dei morti, unito alla certezza dell'aldilà.
Cristo,
Maria e i santi sono visti più come potere che come imitazione.
Gesù
stesso, agli effetti 'di questo potere, molte volte, è un santo fra
gli altri.
In
essi si cercano lo straordinario e la risposta ai propri bisogni.
prof. Nicola Tommasini
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