Le espressioni di religiosità

Il suono della campana veniva interpretato come voce di Dio e all'udirla ci si esprimeva con il segno della croce e con detti religiosi. Le espressioni di religiosità popolare "registrate" tra la gente del mio paese, la città di Venosa, sono alla base delle mie riflessioni, delle mie ricerche e dei miei approfondimenti.
Preghiere dei vari momenti della giornata e della vita, devozioni a Cristo, alla Madonna, ai Santi e le stesse formule magico-religiose, se studiate senza ottica di parte, danno alla religiosità della gente semplice un significato carico di umanità, dove è possibile riconoscere lo sforzo del "semplice" nel tentativo dell'incontro con Dio, pur nelle ricorrenti "sbavature" che tale sforzo comprensibilmente comporta.
Cercherò di documentare su questo blog, in modo più completo ed esaustivo possibile, quanto da me sostenuto e trovato nella mia lunga ricerca, pubblicando testi scritti, immagini, foto, file audio e video originali.
Alla luce di quanto da me riscoperto e raccolto in questi anni, sento il dovere di ringraziare quanti mi hanno aiutato e dato l'opportunità di esprimere sia a me stesso e al popolo venosino, dal quale provengo, tutta la necessaria ed insostituibile opera che la “pietas religiosa” ha svolto nel corso dei secoli nella nostra meravigliosa città di Venosa, culla della fede cattolica già dalla prima metà del III sec d.C.

sabato 8 marzo 2014

Religiosità popolare a Venosa

Nella gente venosina la religiosità abbraccia un po’ tutta la realtà della vita, perché si presenta come elemento permeabilizzante in tutti i momenti della vita e in tutte le ore della giornata.
La gente non crede ad un Dio che sta fuori dalla propria vita concreta, per essa la religiosità è riferita a persone e cose concrete, la realtà divina viene accolta e vissuta nella dimensione del reale.
Le sue manifestazioni sono diverse, talora è colta come comportamento sociologico, talora come vissuto personale cosciente, alle volte si pone come aspetto folcloristico, altre volte come fatto discusso, specie questo tra persone più istruite. 
Sia entro un movimento comunitario, sia come esperienza intima privata, essa non conosce una elaborazione sistematica,  perché si mantiene prevalentemente  nel vissuto. 
D'altronde la gente non crede ad un Dio che sta fuori della propria vita concreta, per essa la religiosità è riferita a persone e cose concrete, la realtà divina viene accolta e vissuta nella dimensione del reale, non esiste tendenza a trascendere la propria situazione terrena neppure quando si tenta di unirsi a Dio. 
Si cerca di indurre la potenza divina a manifestarsi entro il rango terreno della propria veduta umana.
Per questo si presenta molto varia e non facilmente sistemabile. 
Proprio perché l' elemento comune presente in tutti i momenti della vita, il religioso, tra i lucani, si trova sia a livello di relazioni sociali (inaugurazione della vita col battesimo, celebrazione di matrimoni e di fidanzamenti, cura dei malati e culto dei morti), sia a livello di realtà economiche (suono di campane contro la grandine) rogazioni e benedizioni per il raccolto delle messi, benedizioni contro animali nocivi o in favore di quelli domestici ammalati...
Nell'area delle manifestazioni private la religiosità sfugge molte volte al controllo, ma è tanto frequente e ricca:

la sera, per esempio, la donna del contadino faceva segni di croce e si abbandona a preghiere diverse per invocare la benedizione di Dio sulla casa, contro qualsiasi forma di insidia, che potesse accadere, anche come segno di fedeltà alle virtù domestiche in assenza anche dello sposo, il più delle volte lontano dalla casa: là nella "masseria del padrone", dove una dura condizione di lavoro lo costringeva a rimanere per quasi l'intero periodo dell'anno.
La preghiera è misura stessa delle fede. 
Le preghiere comprendono sentimenti fra i più disparati, da quello della gratitudine per il dono della giornata, al desiderio di una benedizione per le cose materiali, dal senso del peccato ad una fiducia, mediante la preghiera, nella protezione di Dio, della Madonna, dei Santi (nelle preghiere del mattino e della sera).
Il senso del sacro impregna un po’ tutta la vita del popolo. 
La chiesa era considerata come luogo della particolare presenza di Dio e quindi richieste di invocazioni e di purificazioni accompagnano il fedele all'ingresso del tempio. 
Il suono della campana veniva interpretato come voce di Dio e all'udirla ci si esprimeva con gesti e detti religiosi (preghiere recitate prima di entrare in chiesa o al passaggio  davanti ad una chiesa o un luogo sacro); 
anche in altre circostanze si recitavano delle preghiere: spegnimento del fuoco, lievitazione del pane, chiusura a sera della porta di casa...
Forme spontanee di religiosità popolare si possono cogliere anche nelle espressioni molto frequenti sulle labbra di tutti: 

“S' Crist' vol', Madonna meje, Crist' maje" 
(se Cristo vuole, Madonna mia, Cristo mio). 

Si tratta di espressioni che indicano la dipendenza delle cose da Dio ed il bisogno dell'uomo da parte di Dio.
Proprio perché queste espressioni, in quanto private, sfuggono facilmente al controllo, cercherò di analizzare lungo questo percorso, forme più comunitarie di preghiere, di devozione a Cristo, alla Madonna ed ai Santi, che di spergiuri, in cui l'invocazione sacra,  si trasforma in imprecazione e sfocia in formula magica.

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